SS. Cosma e Damiano
L'ex Convento dei Santi Cosma e Damiano alla Giudecca è un vasto complesso che il Comune di Venezia ha avuto in concessione dal Demanio Civile a metà degli anni novanta.
Con un radicale intervento di restauro e ristrutturazione durato quasi cinque anni sono stati ricavati, oltre alle destinazioni di residenza pubblica, 12 laboratori artigianali, 4 grandi sale di circa 400 mq con relativi spazi per uffici e servizi. Inoltre sono stati recuperati all'uso collettivo il grande chiostro quattrocentesco e un giardino di circa 4000 mq.
Si è trattato di un intervento sperimentale, forse unico in Italia, con il quale si cerca di far convivere e interagire, sul versante della valorizzazione pubblica, attività di produzione artigianale, culturale ed espositiva, in linea con la nuova identità che sta assumendo l'isola della Giudecca.
Gli ampi laboratori situati attorno al porticato del chiostro ospitano le attività di piccole imprese di artigianato artistico: lavorazione del metallo, decorazione del vetro, produzione di essenze e profumi, grafica, produzione e decorazione di carta, rilegatura e restauro del libro, arte della maschera, e forme di artigianato contemporaneo legato alle nuove tecnologie informatiche.
Gli altri spazi ospitano strutture di produzione e ricerca teatrale come il C.T.R. Centro Teatrale di Ricerca e l'Associazione Teatrale Pantakin da Venezia, un grande Atelier per 8 giovani artisti selezionati ogni anno a rotazione dalla Fondazione Bevilacqua La Masa, e la nuova sede del prestigioso Archivio Nono, amorevolmente gestito da Nuria Shoemberg.
Il ripristino funzionale
L'idea di restauro e riuso della chiesa di San Cosmo ha comportato innanzitutto una serie di ricerche volte alla conoscenza del complesso monumentale, della sua storia, a partire dalle origini della sua consistenza architettonica e delle vicende artistiche che interessarono il tempio e lo resero famoso a Venezia soprattutto nel Settecento.
L'intervento ha preso l'avvio con la ponderata rimozione dei materiali e degli elementi incongrui (paretine divisorie in laterizi o in legno, rivestimenti parietali, pavimentazioni, solai, impianti tecnologici industriali, etc.) e procedendo allo scavo archeologico di tutta l'area della fabbrica, interna e d esterna. In questa fase si è anche proceduto a saggi sul testo architettonico, ritrovando sotto scialbo gli importanti cicli pittorici e recuperando l'articolazione planimetrica ed altimetrica originale della chiesa.
Il procedere dei lavori è stato accompagnato ed ha trovato conferme, occasioni di riflessioni e persino motivi di perplessità, nelle ricerche archivistiche e documentali. E' stata messa in luce la configurazione degli elementi costruttivi venutisi a sovrapporre nel corso della storia del sacro edificio, come le grandi finestre termali che hanno sostituito, agli inizi del Seicento, le piccole finestre poste tra le paraste dei muri longitudinali o il soffitto a lacunari che, sempre in quel secolo, abbellì la chiesa comportando il sacrificio dell'affresco posto sull'arco trionfale.
Frammenti lapidei sono riapparsi dallo scavo del sottosuolo: mensole scolpite, peducci, parti di cornici di finestre e porte, pezzi di lapidi tombali e schegge di altri materiali ormai non più riconducibili a ben definiti elementi architettonici. Reperti che sono stato recuperati, restaurati e collocati all'interno della navata a costituire un interessante lapidarium.
Nello studio del progetto e nella considerazioni operative, la chiesa, alcuni edifici contigui di recente costruzione e il piccolo spazio scoperto, ricordato negli scritti come il "cimitero dei poveri", sono stati ripensati alla luce delle valenze storiche, urbanistiche ed architettoniche che indubbiamente li connotano fortemente, anche per la stratificazione culturale di cui sono la diretta testimonianza. Conseguentemente si è proceduto alla progettazione mirando alla conservazione integrale ed integrata di tutte le testimonianze materiali presenti nel tempio, anche di quelle definite abitualmente di minor rilevanza. In tal senso sono stati indirizzati gli interventi di consolidamento statico delle strutture, limitate alle sole effettive necessità ed evitando le esasperazioni della cosiddetta "filosofia del cemento", ancor oggi largamente diffusa.
Il nuovo progetto di riuso è stato impostato su due direttici principali: consentire la libera visione degli apparati decorativi ritrovati ed insediare nuove funzioni produttive, compatibili con i luoghi.
Quindi il nuovo distributivo ripartisce il volume della chiesa in due spazi ben distinti. L'uno è costituito dalle absidi e da una piccola porzione dell'aula immediatamente prospiciente il presbiterio; l'altro dal rimanente spazio chiesastico. Il primo volume, svincolato dai solai che lo suddivideva in tre piani, consente la libera visione delle decorazioni pittoriche e plastiche ponendosi come cardine tra memoria storica dell'edificio monumentale e la sua nuova funzione.
Lo spazio della navata dedicato ad attività direzionali mantiene, invece, la sua partizione ottocentesca su tre livelli. La compartimentazione tra le due diverse funzioni è attuata da un'ampia vetrata strutturale a tutta altezza che consente la lettura delle trasformazioni interne degli spazi e consente la visione degli apparati artistici.