Lo sguardo e l'ombelico - EVENTO SOSPESO

Quarta edizione
 
Affinché ogni modernità sia degna di diventare antichità, è necessario che la bellezza misteriosa che la vita umana vi mette involontariamente ne sia estratta”.
Charles Baudelaire da Il pittore della vita moderna
 
Nella Grecia di Plinio, la téchne, che comunemente viene tradotta con arte, indica più propriamente l'abilità manuale e artigianale dell’uomo; da questo termine deriva anche la parola “tecnica”. Quindi la descrizione riassume un intervento umano cosciente e manuale atto a trasporre in un “prodotto” un’idea, un concetto o l’espressione di un fatto, di un mito, della bellezza stessa. Consideriamo anche che solo tramite la conoscenza, la cultura, l’apprendimento, il percorso di vita dell’artista e la sua tecnica acquisita nel tempo, si arriva alla produzione o alla cosiddetta nascita di un “opera d’arte”. “Opera d’arte” che deve essere, in tutti i suoi contenuti, concetti, fisicità, matericità e criteri espositivi, perfetta. Non a caso, in altri campi, per esempio in quello giuridico e in quello edilizio, viene usato il termine “a regola d’arte” per indicare una cosa o un’azione perfetta in tutti suoi aspetti.
Anche la Fotografia può dunque essere considerata in qualche suo aspetto opera d’arte e il ruolo del fotografo equiparato al ruolo di artista, di autore, sebbene spesso negato “in primis” dagli interpreti stessi.
Ma quando questo accade? Come possiamo riconoscerlo? In un epoca in cui la “tekhnè” e stata demandata in toto a degli apparecchi tecnologici autonomi nelle scelte da fare, possiamo ancora riconoscere l’ ”opera” in se? O il ruolo dell’artista/fotografo? Soprattutto quando tutto è finalizzato alla vendita commerciale? Qual’è dunque l’impegno che il fotografo immette nella produzione di opere? Qual’ è il concetto insito? Qual’è il percorso di vita e di studio fatto, invece? La reale differenza nella sua produzione? Sono questioni ormai note alle quali si fa sempre fatica a rispondere in maniera esaustiva e che vale la pena riproporre ascoltando le esperienze dei relatori di quest’anno e confrontandole con chi li ha preceduti.
Sempre per via del fatto che è meglio avere uno “sguardo” rivolto alla conoscenza e all’approfondimento, rispetto che al nostro, ormai conosciuto, “ombelico”. (Giovanni Cecchinato)

 

Parte sabato 18 gennaio il nuovo ciclo di incontri sulla fotografia del terzo millennio Lo sguardo e l’ombelico, la rassegna di fotografia organizzata dal Centro Culturale Candiani ideata e curata da Giovanni Cecchinato.

Arrivata quest’anno alla sua quarta edizione, gli incontri pensati per il pubblico del Candiani sono creati grazie alla collaborazione con artisti di livello internazionale. Fotografi, curatori e giornalisti che per l’edizione 2020 si confronteranno sul tema Nuove relazioni tra fotografia e Arte.

Lo sguardo e l’ombelico parte infatti con due dei più grandi fotografi italiani affermati anche all’estero, Olivo Barberi e Piero Gemelli. Dopo di loro altri tre nomi di spicco per la fotografia nelle sue varie forme: a Mestre arrivano curatori e giornalisti di settore ricercati a livello internazionale come Steve Bisson, Maurizio Rebuzzini, William Guerrieri.

Gli incontri si svolgono in sala conferenze alle 17.30, ad esclusione di quello di sabato 15 febbraio con inizio alle 18.00. Ingresso libero.

Si parte sabato 18 gennaio con Olivo Barbieri che parlerà della Trasformazione dei paesaggi urbani in opere d’arte. Da “Viaggio in Italia” a “Site Specific”, alla scultura. Fin dall'inizio della sua carriera, Barbieri si dedica alla ricerca fotografica, inizialmente partendo dalla fotografia sociologica per poi concentrarsi sulla luce artificiale che ha per soggetto il paesaggio, l’architettura ed il loro rapporto con la notte. Attivo partecipe degli sviluppi della fotografia italiana contemporanea, dai primi anni ’80 è presente nelle più importanti campagne di documentazione territoriale in Italia. Dal 1989 compie regolari viaggi in Cina, paese di cui studia al tempo stesso i segni della tradizione e le affinità con la cultura occidentale. Negli stessi anni visita l’India: da questi viaggi scaturiscono foto che ritraggono le grandi architetture monumentali ma anche i quartieri abitativi sovraffollati che mettono in luce il contrasto della coesistenza di antico e moderno. La macchina fotografica di Barbieri è sempre alla ricerca della sintassi del luogo visitato: le immagini delle città cinesi (Pechino, Canton, Shangai, Yongding), indiane (New e Old Delhi, Kanyakumari) e orientali appaiono incerte nella loro combinazione di messa a fuoco ed elemento sfocato: sono immagini che ribaltano il tradizionale rapporto Occidente/Oriente aprendo lo spazio rappresentativo alla diversità, all’ignoto Altro. Il biennio 1999/2000 vede Olivo interessato a ritrarre realtà e spazi della nostra Italia: nel 1999 ci propone un’inedita serie di immagini che raffigurano nuovi e vecchi stadi del nord e del sud della penisola rappresentati come videogiochi, dove il verde compatto e telematico del campo si contrappone ai colori variegati di migliaia di anonime teste. Nel 2000 Barbieri fotografa gli interni dei tribunali di Roma, Milano e Palermo, mostrandoci atri, scale, aule e aule bunker: ambienti con strutture architettoniche che alludono alla vecchia rappresentatività e alla nuova funzionalità di quei luoghi. Nello stesso anno Barbieri intraprende di nuovo un viaggio in Oriente, in Tibet, dove ritrae interni di templi riccamente ornati, spazi in cui disegni e colori prevalgono sulla presenza delle divinità, dove l’elemento decorativo rappresenta la coesistenza di secolare e sacro. Le immagini di Barbieri confermano a noi tutti l'impossibilità di impacchettare una cultura, hanno la capacità di rallentare e intensificare i processi d’osservazione dando il via ad una percezione più viva del dettaglio e dei rapporti figura/fondo che altrimenti verrebbero trascurati.

Sabato 1 febbraio è la volta di Piero Gemelli con 20 anni di Vogue, la fotografia, la scultura e le parole. Gemelli, conosciuto in particolare per il suo lavoro come fotografo di moda, beauty e still life, ha realizzato campagne e immagini pubblicitarie per prestigiosi marchi internazionali quali Tiffany, Gucci, Ferrè, Lancome, Estee Lauder, Revlon, Shiseido e molti altri. Ha collaborato intensamente e per lungo tempo con l’edizione italiana e straniere di Vogue, e con molte tra le principali riviste di moda nazionali ed estere. Le sue mostre personali più recenti sono “Dettagli di Moda” (Villa Filippini, Besana Brianza, 2009), realizzata nell’ambito del festival Foto&Photo e “W(H)O-MAN“ (MyOwnGallery, Milano, 2010). “Piero Gemelli, Vintage Prints” ( Still Gallery, Milano, 2016). Oggi, oltre ad occuparsi di fotografia, Gemelli lavora anche come direttore artistico e architetto nell'ambito del design e dell'arredamento, e affianca al suo lavoro professionale una propria produzione artistica di fotografia e grafica. Sabato 15 febbraio si parla della fotografia a livello curatoriale con Steve Bisson che con il pubblico dialogherà sul tema “L’editoria, i libri, e il ruolo della didattica nella produzione di un fotografo”. Bisson, un curatore indipendente, scrittore ed editore italo-belga. Attualmente membro del corpo docente presso il Paris College of Art. Interessato principalmente all’antropologia e alla cultura visiva con oltre 15 anni di esperienza. Quest’anno ha fondato la casa editrice Penisola Edizioni e, nel 2009, Urbanautica, la ben nota piattaforma artistica internazionale. Dal 2017 è co-direttore di Move Cine Arte film festival. Ha scritto diverse pubblicazioni, saggi, documenti e recensioni, e ha preso parte tante commissioni e giurie nell’ambito della fotografia e non solo. Ha curato oltre 50 mostre e festival di arte e di fotografia, collaborando con musei, gallerie, istituzioni culturali di tutto il mondo.

Sabato 29 febbraio è il turno di Maurizio Rebuzzini che affronterà la fotografia nella sua storia con La fotografia italiana passato e futuro attraverso il racconto di un giornalista. Rebuzzini è editore e direttore di FOTOgraphia, mensile di riflessione fotografica (dal maggio 1994), e del collegato sito Internet www.FOTOgraphiaONLINE.com (dall’ottobre 2010). Docente a incarico di Storia della Fotografia alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Brescia. Curatore della sezione di storia degli apparecchi fotografici al Museo Nazionale Alinari della Fotografia, di Firenze (Mnaf).

La chiusura della rassegna è affidata a William Guerrieri che sabato 14 marzo affronterà il suo lavoro d'artista dialogando con il pubblico sul tema Fotografia della tecnica come biopolitica. Guerrieri è fotografo e curatore ed è stato ideatore con Paolo Costantini e Guido Guidi del progetto d’indagine territoriale Linea di Confine per la Fotografia Contemporanea con sede a Rubiera, Reggio Emilia, di cui è attualmente coordinatore. Ha curato numerose mostre e saggi sulla fotografia ma importante è anche il suo lavoro di fotografo con esposizioni realizzate in tutta Italia.

 
Ultimo aggiornamento: 02/10/2020 ore 10:51