Casa d'Industria

In virtù del Decreto Italico 21/10/1811 che metteva al bando la mendicità, veniva attivata in Venezia, dal 2 gennaio 1812, una Casa d'Industria, nei locali dell'ex convento di San Lorenzo, che l'amministrazione del demanio si era premurata di consegnare alla Congregazione di Carità.
La nuova istituzione, che nasceva ovviamente alle dipendenze dell'unico organismo che, secondo la legislazione francese, presiedeva alla beneficenza cittadina, sarebbe poi passata, nel febbraio del 1816 sotto il diretto controllo del Governo Austriaco e, dall'aprile del 1821 fino al 1863, sotto il Comune. In quest'anno per effetto dell'applicazione della sovrana risoluzione 24/12/1861 sarebbe ritornata alle dipendenze della ricostituita Congregazione di Carità e avrebbe esaurito la poco più che sessantennale sua parabola nel 1875, quando sarebbe stata definitivamente soppressa e trasformata in Ricovero di Mendicità (R. D. del 2/5/1875 che recepiva una deliberazione del Consiglio Comunale del 29/2/1874).
"Dedicata in origine ad accogliere i poveri di Venezia senza lavoro o provvedimento, a tutto marzo 1817 le venne aggregato un reclusorio di ragazze filiale a quello delle Terese, un riparto di scabbiosi sussidiario a quello dell'Ospitale, un riparto di lavoro forzato nell'anno 1818 concentrato in Casa di Correzione, e la polizia in tutte le epoche vi fece recludere oziosi, vagabondi, scostumati, questuanti, ragazzi abbandonati ed indocili. Vi furono attivate industrie di fabbricazione stuoie, tappeti, tele, cesti di vimini, pane, lavanderia ecc. e assunte le imprese della spazzatura stradale (1834) e della illuminazione pubblica ad olio (1837)".

Queste puntuali notizie si ritrovano in un rapporto del 15/11/1876 (437 pp. del 1876) sottoscritto dal capo della IV divisione Gustavo Boldrin e dall'archivista municipale Augusto Colombo, incaricati di procedere "allo stralcio degli atti inutili dell'Archivio della sopprimenda Casa d'Industria a tutto l'anno 1863" . Sulla scorta delle loro conclusioni la Giunta, nella seduta del 23/11/1876, decise di procedere, tramite licitazione privata, all'alienazione di circa "4.000 chilogrammi di carta; 605 buste e molti cartoni". Dalla relazione di Boldrin e Colombo non sembra che si sia proceduto superficialmente (archivisticamente parlando i due nomi sono una garanzia: Boldrin, da segretario generale nel 1906, sarà il raccoglitore e coordinatore, assieme a G. Dolcetti, di tutto il materiale storico riguardante i pozzi che confluirà nella mastodontica pubblicazione edita dal Comune: I Pozzi di Venezia, 1015-1906, per celebrare il centenario della sua istituzione; Colombo è l'archivista cui si deve il recupero e il riordino sistematico dello stesso archivio comunale): quanto poteva avere una certa rilevanza venne debitamente conservato ("gli atti riflettenti il personale e quelli che possono offrire una chiara idea dell'andamento dell'Istituto in generale, nonché tutti i protocolli dell'ufficio di direzione"; quanto riguardava i legati, l'istituzione della casa filiale israelitica, dell'asilo infantile e della filiale di S. Stin e perfino "in quaranta grandi cartoni i conti consuntivi dall'anno 1817 al 1863"...)
Purtroppo di tutto questo materiale oggi non c'è traccia nei depositi di questo archivio. Vi si trovano solo una sessantina di buste, assai mingherline, che raccolgono la corrispondenza della direzione dell'istituto, raccolta in ordine progressivo di protocollo (che non esiste) dal 1812 al 1863.
Ben poca cosa comunque rispetto a quanto Boldrin e Colombo avevano deciso di conservare.
Per fortuna, dato che per parecchi anni la Casa d'Industria fu sottoposta all'amministrazione del Comune, una parte rilevante della sua storia si può ricomporre attraverso quanto e conservato sotto la voce omonima alla rubrica VI (Beneficenza) degli affari trattati dalle varie sezioni municipali.

Buste n. 58 (manca l'anno 1842)
Mezzi di corredo: nessuno

 

Ultima modifica: 01/06/2021

Ultimo aggiornamento: 01/06/2021 ore 09:48