Io Sono Teatro 2017/18

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Il Teatro Toniolo svela i volti dei protagonisti della nuova Stagione di Prosa 2017/18: diciassette gli spettacoli in cartellone da novembre ad aprile, un mix di classico e contemporaneo che dà spazio sia alle produzioni nuove sia a quelle più recenti, già collaudate e fortemente apprezzate nei maggiori teatri d'Italia. La bussola delle scelte, anche quest'anno, segue la rotta di un'ampia varietà di temi, generi e registri di intrattenimento, a comporre l'orizzonte di un'offerta di spettacolo che possa dirsi davvero completa, e soddisfare il palato del pubblico più esigente.

Apre i giochi l'apprezzata Locandiera B&B, rivisitazione in chiave moderna de La Locandiera di Goldoni composta da Edoardo Erba per la regia di Roberto Andò, con Laura Morante nei panni di Mirandolina - Mira; un personaggio intrigante, chiamato a condurre i giochi verbali di una cena misteriosa, fino a un progressivo svelamento di ruoli e caratteri dietro i quali si può cogliere il riflesso, tutto contemporaneo, di un paese moralmente allo sbando.

A seguire, fra le riprese d'eccezione, il pluripremiato Copenaghen di Michael Frayn, testo che Umberto Orsini, affiancato da Massimo Popolizio e Giuliana Lojodice, rimette in scena a 19 anni dal suo debutto londinese, per la regia di Mauro Avogadro; il grande attore e regista novarese ci aveva raccontato con entusiasmo, incontrando il pubblico nel foyer del Toniolo lo scorso marzo, l'importanza di riprendere questo lavoro come un' "illuminazione fuori campo" sul presente, partendo da un immaginario riassemblaggio di una storia poco nota: l'incontro a Copenaghen nel 1941 fra i fisici Niels Bohr (Orsini)e Werner Heisenberg (Popolizio), sullo sfondo della corsa alla bomba atomica, in una Danimarca occupata dai nazisti.

Si cambia completamente registro nella successiva commedia brillante di Pierre Chesnot, Alla faccia vostra!!, nell'adattamento e regia di Patrick Rossi Gastaldi con Debora Caprioglio e Gianfranco Jannuzzo, nella quale una riunione funebre attorno alla dipartita di un famoso scrittore ha l'effetto di rivelare risvolti umani irresistibili, col "caro estinto" detonatore sotterraneo di indicibili intrighi e interessi.

Il teatro contemporaneo, per suo conto, si avventura spesso con rinnovata energia nella rilettura dei classici; ed ecco che il "respiro lungo" di Carlo Goldoni ritorna nella nuova versione delle sue Baruffe Chiozzotte, coproduzione di Teatro Stabile del Veneto e Teatro Nazionale curata e portata in scena da Paolo Valerio. Con un occhio di riguardo alla tradizione, Valerio in questo lavoro riprende, fra le suggestioni interpretative del testo, la lezione di vivacità linguistica operata da Renato Simoni all'inizio del secolo scorso.

Con Due di Luca Miniero e Astutillo Smeriglia, le lenti della scena tornano a inseguire una sensibilità tutta contemporanea; nell'ambientazione fissa di una stanza, Raoul Bova e Chiara Francini, diretti dallo stesso Miniero, tentano la costruzione di una prospettiva possibile di un futuro comune, esplorando a ritmo serrato le incognite di una reale vita di coppia, offrendo un'incursione piuttosto cruda nell'immaginario affettivo di questi tempi.

L'anno nuovo si apre all'insegna di un classico della drammaturgia novecentesca, Filomena Marturano di Eduardo De Filippo, che rivive qui con Mariangela D'Abbraccio e Geppy Gleijeses nella scrupolosa rilettura di Liliana Cavani.

Subito dopo, ecco una nuova sterzata verso la sensibilità contemporanea, nel filtro di una celebre avventura umana consegnata alla storia dell'arte. Il testo di Stefano Massini Van Gogh. L’odore assordante del bianco riaffiora sotto le cure di regia di Alessandro Maggi, e vede Alessandro Preziosi nei panni di un Van Gogh allucinato, ricoverato in manicomio, reso metafora pulsante e attualissima del rapporto fra vita vissuta e male di vivere, adattamento al mondo e cruda nudità dell'essere, senza scorciatoie o sconti.

Un tributo ai "classici" a tutti gli effetti, in un registro scanzonato inconfondibile, è il successivo omaggio che Ale e Franz riservano, in Nel nostro piccolo, a due giganti della cultura pop più acuta e irriverente del secolo scorso; con un riferimento diretto, nel titolo, al Piccolo Teatro di Strehler, vero incubatore di talenti e sperimentazioni in una Milano da rivivere e da reinventare, con un po' di nostalgia.

Sorprendente per vitalità e intelligenza, fedele all'immaginario dei “nuovi mostri” dei nostri tempi, Qui e Ora, scritto e diretto da Mattia Torre con Paolo Calabresi e Valerio Aprea, è la storia di due motociclisti coinvolti in un incidente i quali, fagocitati dal nulla e aspettando invano i soccorsi, danno vita a un duello metropolitano senza esclusione di colpi, ove la deformazione della realtà replica nelle parole spese la deformazione visiva dei loro corpi tramortiti.

A seguire, la raffinata rivisitazione di un classico novecentesco come And Then There Were None di Agatha Christie, in Dieci piccoli indiani… E non rimase nessuno! per la regia di Ricard Reguant, con un ricco cast che comprende, fra gli altri, Ivana Monti e Mattia Sbragia, e una variante decisiva: rivive in scena per la prima volta, infatti, il finale mozzafiato del romanzo originale, che nell'adattamento teatrale della stessa Christie era stato sostituito da un epilogo più leggero e accomodante per prevenire, allora, l'eventuale sconcerto del pubblico.

Con Delitto e castigo, vertiginosa rilettura di Dostoevskij portata in scena da Sergio Rubini e Luigi Lo Cascio, riaffiora e si riattualizza in modo drammatico il tema dell’omicidio quale pulsione ossessiva, soglia della coscienza oltre la quale la perdita di sé può divenire occasione di perversa rinascita, quando non addirittura limite da superare per un'autoaffermazione estrema.

Il successivo La scortecata di Emma Dante, basato sulla rilettura dell'omonima novella di Basile nel Pentamerone, presenta una riflessione amara, ai limiti del grottesco, sul rapporto fra bellezza e abbrutimento, fino al baratro dei sensi che li oppone senza sconti. La dissimulazione forzata dell'una nell'altro, fulcro della novella e della sua messa in scena nella sensibilità della regista siciliana, riguarda da vicino una delle mitologie più resistenti dell'oggi, nel rapporto spesso sbilanciato fra essere e apparire.

Il tema dell'alterazione verbale come segnale di un oscuro disordine ritorna ne Il Padre di Florian Zeller, per la regia di Pietro Maccarinelli, ove l'incombente demenza senile di Alessandro Haber riscrive i punti di riferimento umano ed affettivo nel rapporto con la figlia, Lucrezia Lante Della Rovere; di qui, la ricostruzione di una dimensione interiore inedita, inclusiva di un lato oscuro e insondabile nell'ordine delle cose e degli affetti, oltre le convenzioni rassicuranti della ragione.

Fra le nuove produzioni, è il turno di un testo intrigante e "scomodo"di Giancarlo Marinelli, messo in scena dallo stesso scrittore vicentino con Caterina Murino e Fabio Sartor. Ne L'idea di ucciderti Marinelli cerca di ridefinire senza ipocrisie, sullo sfondo tragico dell'odierna cronaca nera, il rapporto fra pulsione affettiva e istinto omicida, attorno al campionario di trappole rappresentate, oggi, dai luoghi comuni e le oscillazioni del senso, attorno alla parola "amore".

Il teatro è anche dinamismo, officina di storie aperte, scatto dell'immaginazione ad aprire mondi nuovi; e uno dei più grandi artefici di storie pensate per il teatro, oggi, è Alessandro Baricco. Le peripezie dei due simpatici farabutti Smith e Wesson, per la regia di Gabriele Vacis con Natalino Balasso e Fausto Russo Alesi, offrono un ulteriore saggio delle qualità dell'autore torinese nel disporre una narrazione-azione attraverso precise intuizioni di scena, traiettorie ben definite di parole e di corpi.

D'altra parte il "corpo", come epicentro fantasmagorico di mondi immaginari in transito, torna al centro della scena nell'arte del venezianissimo Ennio Marchetto, vertiginoso trasformista che da decenni stupisce il pubblico di ogni età in ogni angolo del mondo, nel suo nuovo spettacolo Carta Canta.

Non poteva mancare, infine, un'incursione nel musical di qualità. Il Toniolo accoglie fra le sue mura uno spettacolo che in pochi anni, dal suo debutto al Victoria Palace Theatre di Londra del 2005, si è guadagnato un posto fra i "classici" del nuovo millennio. Basato sull'omonimo film di Stephen Daldry del 2000, Billy Elliot The Musical, con musiche di Elton John, è stato nominato per nove Laurence Olivier Awards – il massimo riconoscimento europeo per i Musical – vincendone ben quattro, per poi approdare anche a Broadway nel 2008 dove ha vinto dieci Tony Awards – gli Oscar del Musical – e dieci Drama Desk Awards. La versione italiana, realizzata da Peeparrow in coproduzione con il Teatro Sistina, è curata da Massimo Romeo Piparo.

 

Roberto Ranieri

Ultimo aggiornamento: 25/06/2018 ore 09:55